Un’impresa complessa ma affascinante, capace di innescare nuovi stimoli e nuove prospettive di sostenibilità: convertire un capannone prefabbricato in spazio uffici da condividere tra più aziende e destinato al rispettivo personale amministrativo e direzionale.
In questo caso l’utilizzo professionale degli ambienti imponeva un approccio differente.
La sfida si presentava su vari livelli: recuperare una struttura industriale, con i limiti ad essa connessi, trasformandola in un luogo dove gli obiettivi primari dovevano essere l’efficienza e il “rischio zero” di invadenza o sovrapposizione tra le realtà. Ma oltre alla giusta distribuzione degli spazi, qui cruciale, si inseriva un elemento ulteriore e necessario: una visione a 360 gradi su funzionalità, tecnica, estetica e tutti gli aspetti socio-psicologici connessi. Vale a dire la capacità di creare i presupposti fondamentali per le migliori condizioni psico-fisiche di chi, in questo luogo, trascorre molte ore al giorno.
Far convivere gli uffici di più aziende convertendo un vecchio capannone: il progetto doveva sintetizzare funzionalità e sostenibilità, senza dimenticare gli aspetti socio psicologici legati al concept. La scelta di sfruttare stilisticamente l’origine industrial della struttura trova così un senso logico ed estetico.
La soluzione arriva proprio dall’idea di sostenibilità declinata in ambiente industrial. In linea con il concetto di recupero, la destinazione originaria della struttura non viene nascosta ma rafforzata, lasciando l’impiantistica a vista e il calcestruzzo in evidenza, e abbinandoci materiali coerenti con il mood: ferro, resina, legno di recupero, tutti con finiture effetto “grezzo”. La stessa illuminazione enfatizza la rete dei fili sospesi dei neon, interrotta da lampade dal design industriale sui punti di maggiore partecipazione.
A sottolineare il concetto di condivisione ci pensano proprio gli spazi centrali, sia fisicamente che concettualmente, in quanto anche zone cruciali, divertenti, autoironiche: in particolare la scrivania di 12 metri con 6 postazioni per lato, cablata e illuminata, e il tavolo “sociale” realizzato con la sezione di un tronco e dotato di sgabelli. Qui la parete-lavagna crea allo stesso tempo uno strumento di confronto e uno sfondo che evita l’effetto “spoglio” del cemento sul retro. Tutto intorno, gli uffici dei quadri direttivi, separati da pannellature in vetro. Esempio di grande ottimizzazione, anche sul piano estetico, è l’area cucina e mensa nascosta dalla zona lavoro da un armadio con ante passanti.
L’obiettivo era anche realizzare un luogo di lavoro capace di stimolare la creatività e la distensione, ricavando all’interno del grande open space zone di svago e di pausa, come la cucina e la palestra, celate da pannellature con doppia funzione: armadiature e divisori con porte mimetizzate.
Un’impresa complessa ma affascinante, capace di innescare nuovi stimoli e nuove prospettive di sostenibilità: convertire un capannone prefabbricato in spazio uffici da condividere tra più aziende e destinato al rispettivo personale amministrativo e direzionale.
In questo caso l’utilizzo professionale degli ambienti imponeva un approccio differente.
La sfida si presentava su vari livelli: recuperare una struttura industriale, con i limiti ad essa connessi, trasformandola in un luogo dove gli obiettivi primari dovevano essere l’efficienza e il “rischio zero” di invadenza o sovrapposizione tra le realtà. Ma oltre alla giusta distribuzione degli spazi, qui cruciale, si inseriva un elemento ulteriore e necessario: una visione a 360 gradi su funzionalità, tecnica, estetica e tutti gli aspetti socio-psicologici connessi. Vale a dire la capacità di creare i presupposti fondamentali per le migliori condizioni psico-fisiche di chi, in questo luogo, trascorre molte ore al giorno.
Far convivere gli uffici di più aziende convertendo un vecchio capannone: il progetto doveva sintetizzare funzionalità e sostenibilità, senza dimenticare gli aspetti socio psicologici legati al concept. La scelta di sfruttare stilisticamente l’origine industrial della struttura trova così un senso logico ed estetico.
La soluzione arriva proprio dall’idea di sostenibilità declinata in ambiente industrial. In linea con il concetto di recupero, la destinazione originaria della struttura non viene nascosta ma rafforzata, lasciando l’impiantistica a vista e il calcestruzzo in evidenza, e abbinandoci materiali coerenti con il mood: ferro, resina, legno di recupero, tutti con finiture effetto “grezzo”. La stessa illuminazione enfatizza la rete dei fili sospesi dei neon, interrotta da lampade dal design industriale sui punti di maggiore partecipazione.
A sottolineare il concetto di condivisione ci pensano proprio gli spazi centrali, sia fisicamente che concettualmente, in quanto anche zone cruciali, divertenti, autoironiche: in particolare la scrivania di 12 metri con 6 postazioni per lato, cablata e illuminata, e il tavolo “sociale” realizzato con la sezione di un tronco e dotato di sgabelli. Qui la parete-lavagna crea allo stesso tempo uno strumento di confronto e uno sfondo che evita l’effetto “spoglio” del cemento sul retro. Tutto intorno, gli uffici dei quadri direttivi, separati da pannellature in vetro. Esempio di grande ottimizzazione, anche sul piano estetico, è l’area cucina e mensa nascosta dalla zona lavoro da un armadio con ante passanti.
L’obiettivo era anche realizzare un luogo di lavoro capace di stimolare la creatività e la distensione, ricavando all’interno del grande open space zone di svago e di pausa, come la cucina e la palestra, celate da pannellature con doppia funzione: armadiature e divisori con porte mimetizzate.