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Un appartamento in un antico palazzo, poi divenuto convento nel centro storico di Saluzzo, trova nuova vita grazie a una forte passione e un importante lavoro di rilettura degli ambienti.
La trasformazione avviene senza alterare la natura della struttura originaria, fluidamente riproposta in chiave contemporanea.
Il concept di Martina Design puntava dunque alla valorizzazione degli interni malamente rimaneggiati, ascoltando gli spazi, rispettando il periodo storico di appartenenza e facendo propria la visione di una committenza che sognava una casa dall’animo wabi sabi. Si trattava dunque di un percorso volto alla realizzazione di una filosofia di vita in termini di interior design, dove l’aspetto dell’arredo non era più dominante ma assumeva una nuova valenza, di “essenza in assenza”.
Minimalismo intuitivo, linee pulite e volumi puri sono gli obiettivi che il progetto, in collaborazione con l’architetto Roberto Gili, ha perseguito in un pieno di vuoti, in una visione libera da tutto ciò che non è necessario, ove nulla è perfezione, nulla è permanente, nulla è completo.
Il carattere rigoroso dello studio ha permesso di stabilire uno speciale equilibrio tra le cose e l’essere liberi da esse: il tempo diventa così luogo, in un’atmosfera personale e intimista.
Gli spazi vengono riportati alla loro essenza e i pochi elementi inseriti ricreano un ambiente raw e monastico. Per questo in ogni zona della casa dominano i colori chiari, dai pavimenti in micro cemento alle pareti intonacate, insieme al legno dei soffitti nella loro ruvida imperfezione.
L’ingresso rivela fin da subito la storia monastica della struttura. La coppia di poltrone e la panca di fattura grezza sono simbolo di un’estetica funzionale e rigorosa: insieme anticipano il lavoro di rilettura in chiave wabi-sabi che il progetto realizza in ogni ambiente della casa.
Grande protagonista è la luce che accarezza tutto delicatamente, addolcendo e alleggerendo il rigore del progetto. Gli effetti di rifrazione sulle superfici rivelano sfumature inaspettate e giocano un ruolo strutturale. La luce è narratrice del tempo che scorre donando tonalità sempre differenti a ogni ora del giorno e, in quanto tale, non può che essere esaltata dal progetto illuminotecnico.
Il corpo illuminante è celato e, quando non lo è, risulta in totale equilibrio con gli altri elementi. Il suo compito è quello di mantenere l’autentica atmosfera soffusa del luogo in un delicato gioco di chiaro-scuri. In questo modo anche volumi, forme e prospettive emergono in tutta la loro purezza. Ne è un esempio l’area living, con la parete che ospita la TV (nascosta da un pannello scorrevole) e quella per i quadri, il divano centrale, la scala in ferro grezzo, il camino o le travi del soffitto, spogliati di tutto, quasi brutali ma che, accarezzati dalla luce calda, diventano armoniosi ambasciatori di pace interiore.
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L’ingresso svela fin da subito una storia conventuale: sgombro, con una semplice coppia di poltrone e una panca di fattura grezza. In fondo, una coppia di archi che celano altri ambienti: a destra si sale; a sinistra si intravede la cucina, un moderno “refettorio” dove tutto è rarefatto e ridotto al minimo. Qui gli elementi scuri, sia quelli antichi come il tavolo e le porte, sia quelli contemporanei come la colonna, l’isola e le sedie di Giò Ponti, diventano simbolo di un’essenzialità funzionale e di un’estetica rigorosa. Il concetto di bellezza ruvida e imperfetta si riafferma e, grazie al restauro minimale e filologico di tavolo e porte, tornano volumi, simmetrie, rispondenze. L’arco a destra, che pareva condurre in un altro luogo, si apre mostrando una rampa di scale che sono parte della stessa cucina. Un piccolo inganno, una raffinata illusione che combina anche qui alternanze di luci e ombre.
Le vecchie scale in legno, anch’esse risultato di un restauro all’insegna del recupero conservativo, tornate alla loro originale semplicità, salgono a incontrare le travi del soffitto secentesco. Una tensione verticale che conduce senza indugi a uno studiolo panoramico sulla città alta: un luogo aperto ma intimo dove lo spirito si rasserena in monastica contemplazione.
Infine la zona notte, con ambienti assolutamente integrati da una fluida organicità nella distribuzione degli spazi, che letteralmente abbracciano la zona living con stanze gemelle, simmetriche nella loro disposizione e rispondenti anche negli arredi. Questi ultimi, severi nella loro essenzialità, così come i soffitti lignei e le pannellature con porte passanti, rivelano spazi inattesi e celati. Ancora una volta, a plasmare i volumi è la complicità del progetto illuminotecnico, al servizio di una naturale, rigorosa quanto armoniosa austerità che qui, ovunque, si fa dolce immanenza, con un progetto fuori dal tempo – in due parole: wabi sabi.
L’area living è il luogo dove si percepisce con maggiore evidenza la funzione “narrante” della luce naturale che, a seconda del momento della giornata, sfiora le superfici con sfumature differenti: nonostante siano spogliati di tutto e quasi brutali, il divano, la scala in ferro, il camino o le travi del soffitto, accarezzati dai delicati fasci luminosi, appaiono caldi e dai toni avvolgenti.
Un appartamento in un antico palazzo, poi divenuto convento nel centro storico di Saluzzo, trova nuova vita grazie a una forte passione e un importante lavoro di rilettura degli ambienti.
La trasformazione avviene senza alterare la natura della struttura originaria, fluidamente riproposta in chiave contemporanea.…Il concept di Martina Design puntava dunque alla valorizzazione degli interni malamente rimaneggiati, ascoltando gli spazi, rispettando il periodo storico di appartenenza e facendo propria la visione di una committenza che sognava una casa dall’animo wabi sabi. Si trattava dunque di un percorso volto alla realizzazione di una filosofia di vita in termini di interior design, dove l’aspetto dell’arredo non era più dominante ma assumeva una nuova valenza, di “essenza in assenza”.
Minimalismo intuitivo, linee pulite e volumi puri sono gli obiettivi che il progetto, in collaborazione con l’architetto Roberto Gili, ha perseguito in un pieno di vuoti, in una visione libera da tutto ciò che non è necessario, ove nulla è perfezione, nulla è permanente, nulla è completo.
Il carattere rigoroso dello studio ha permesso di stabilire uno speciale equilibrio tra le cose e l’essere liberi da esse: il tempo diventa così luogo, in un’atmosfera personale e intimista.
Gli spazi vengono riportati alla loro essenza e i pochi elementi inseriti ricreano un ambiente raw e monastico. Per questo in ogni zona della casa dominano i colori chiari, dai pavimenti in micro cemento alle pareti intonacate, insieme al legno dei soffitti nella loro ruvida imperfezione.
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L’ingresso rivela fin da subito la storia monastica della struttura. La coppia di poltrone e la panca di fattura grezza sono simbolo di un’estetica funzionale e rigorosa: insieme anticipano il lavoro di rilettura in chiave wabi-sabi che il progetto realizza in ogni ambiente della casa.
Grande protagonista è la luce che accarezza tutto delicatamente, addolcendo e alleggerendo il rigore del progetto. Gli effetti di rifrazione sulle superfici rivelano sfumature inaspettate e giocano un ruolo strutturale. La luce è narratrice del tempo che scorre donando tonalità sempre differenti a ogni ora del giorno e, in quanto tale, non può che essere esaltata dal progetto illuminotecnico.
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Il corpo illuminante è celato e, quando non lo è, risulta in totale equilibrio con gli altri elementi. Il suo compito è quello di mantenere l’autentica atmosfera soffusa del luogo in un delicato gioco di chiaro-scuri. In questo modo anche volumi, forme e prospettive emergono in tutta la loro purezza. Ne è un esempio l’area living, con la parete che ospita la TV (nascosta da un pannello scorrevole) e quella per i quadri, il divano centrale, la scala in ferro grezzo, il camino o le travi del soffitto, spogliati di tutto, quasi brutali ma che, accarezzati dalla luce calda, diventano armoniosi ambasciatori di pace interiore.
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L’ingresso svela fin da subito una storia conventuale: sgombro, con una semplice coppia di poltrone e una panca di fattura grezza. In fondo, una coppia di archi che celano altri ambienti: a destra si sale; a sinistra si intravede la cucina, un moderno “refettorio” dove tutto è rarefatto e ridotto al minimo.
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Qui gli elementi scuri, sia quelli antichi come il tavolo e le porte, sia quelli contemporanei come la colonna, l’isola e le sedie di Giò Ponti, diventano simbolo di un’essenzialità funzionale e di un’estetica rigorosa. Il concetto di bellezza ruvida e imperfetta si riafferma e, grazie al restauro minimale e filologico di tavolo e porte, tornano volumi, simmetrie, rispondenze. L’arco a destra, che pareva condurre in un altro luogo, si apre mostrando una rampa di scale che sono parte della stessa cucina. Un piccolo inganno, una raffinata illusione che combina anche qui alternanze di luci e ombre.
Le vecchie scale in legno, anch’esse risultato di un restauro all’insegna del recupero conservativo, tornate alla loro originale semplicità, salgono a incontrare le travi del soffitto secentesco. Una tensione verticale che conduce senza indugi a uno studiolo panoramico sulla città alta: un luogo aperto ma intimo dove lo spirito si rasserena in monastica contemplazione.
Infine la zona notte, con ambienti assolutamente integrati da una fluida organicità nella distribuzione degli spazi, che letteralmente abbracciano la zona living con stanze gemelle, simmetriche nella loro disposizione e rispondenti anche negli arredi. Questi ultimi, severi nella loro essenzialità, così come i soffitti lignei e le pannellature con porte passanti, rivelano spazi inattesi e celati. Ancora una volta, a plasmare i volumi è la complicità del progetto illuminotecnico, al servizio di una naturale, rigorosa quanto armoniosa austerità che qui, ovunque, si fa dolce immanenza, con un progetto fuori dal tempo – in due parole: wabi sabi.
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L’area living è il luogo dove si percepisce con maggiore evidenza la funzione “narrante” della luce naturale che, a seconda del momento della giornata, sfiora le superfici con sfumature differenti: nonostante siano spogliati di tutto e quasi brutali, il divano, la scala in ferro, il camino o le travi del soffitto, accarezzati dai delicati fasci luminosi, appaiono caldi e dai toni avvolgenti.